IMMIGRAZIONE E LAVORO NERO

-Metodo Giornalistico Codificato-

I migranti, in tutte le parti del mondo, risultano essere spesso convenienti perché colmano lacune che gli Stati non riescono a colmare. Dall’altra parte, quella dei migranti, spesso risulta conveniente colmare quelle lacune.

Un circolo vizioso. Una combinazione stabile emergenziale per cui il mantenimento di ciascuna condizione contribuisce al mantenimento dell’altra.

Immigrazione dall’Est Europa

“Se parliamo delle rifugiate ucraine, stiamo parlando di un fenomeno che si auspica temporaneo. Quindi al di là di qualsiasi necessità o condizione particolare, si può ragionevolmente pensare che queste persone abbiano un incentivo a lavorare in nero per un breve periodo per poi tornare nel Paese di origine” spiega Andrea Ceron, docente dell’Università degli Studi di Milano, dipartimento di Scienze Sociali e Politiche.

Un fenomeno, questo, che ha origini precedenti al 2022 in diverse parti dell’Est Europa.

“Di solito vengono senza le famiglie. Sono donne di 45-55 anni e se hanno dei figli li lasciano alle mamme da curare. Vengono perché hanno la necessità economica e quindi pensano di fare un po’ di anni di lavoro in Italia e recuperare le risorse per far finire i figli di studiare. Solitamente hanno un progetto migratorio di breve respiro. Poi è ovvio che sono arrivate anche donne più giovani che hanno fatto i figli qui e che quindi hanno un progetto migratorio diverso. La maggior parte delle signore che arrivano però vengono per recuperare un po’ di denaro e poi ritornano dalla famiglia”, afferma Annalisa Caron, ex operatrice ANOLF (ufficio pratiche stranieri) e segretaria della CISL di Monza e Brianza-Lecco.

Spesso il mondo in cui si inseriscono è quello delle badanti, ma l’ex operatrice ANOLF aggiunge: “Ci sono altri settori in cui possono inserirsi. Fare la badante è un lavoro logorante e chi ha un progetto migratorio di più lungo periodo, ad esempio, investe in corsi di formazione. Quando arrivano però, la catena migratoria è quella. Il passaparola con conoscenti, amiche e parenti”.

Un lavoro tramandato: “In Romania addirittura hanno aperto un ospedale per curare le badanti che hanno accusato la ‘Sindrome italiana’ dopo aver lavorato per tanti anni in Italia”.

Perché il lavoro nero “conviene”

Il lavoro, spesso in nero, risulta essere conveniente anche quando c’è la possibilità di ottenere i documenti necessari per lavorare in regola: “Sì, perché non vedrebbero un vantaggio economico sufficientemente comprensibile per farsi regolarizzare. Non hanno necessariamente bisogno di tutto il sistema welfare che l’Italia offre – afferma il docente di Scienze Sociali e Politiche e continua – Il lavoro in nero risulta essere più conveniente anche perché il sistema welfare italiano è universalistico. Ad esempio per quanto riguarda la sanità è possibile accedere alle cure anche se non si viene regolarizzati, senza quindi un contratto di lavoro. Questo è un altro disincentivo. Se si tratta di soggetti rifugiati è probabile anche che il datore di lavoro sappia che non sono permanenti, quindi è un discorso ambivalente”.

Sono state fatte delle sanatorie per intervenire sulla mole incontrollabile di lavoratrici e lavoratori stranieri, ma “il lavoro in nero coinvolge anche gli italiani. L’alta tassazione e la burocrazia potrebbero contribuire a spiegare perché molte persone scelgano di farlo”, afferma il professore universitario.

Immigrazione irregolare

“Il tema si collega all’immigrazione illegale. Finché l’immigrazione ha una prevalenza di carattere irregolare, è più facile per questi soggetti essere vittime del lavoro nero. Nello stesso tempo c’è la necessità, per chi non è in regola, di ricorrere al lavoro in nero per risultare invisibile allo Stato e alle Forze di Polizia. In passato ci si è occupati di regolarizzare chi era già presente sul territorio italiano. La soluzione alternativa sarebbe quella di creare flussi di immigrazione regolare e agevolare il permesso di lavoro per accedere nel Paese legalmente. Se si adottassero politiche analoghe avremmo lavoratori stranieri regolari che arrivano regolarmente in Italia”, sottolinea Andrea Ceron.

Possiamo parlare indirettamente di una forma di schiavitù moderna?

“Dipende dalle condizioni. Non tutti i lavori irregolari sono necessariamente una forma di schiavitù. La schiavitù si evidenzia quando le condizioni offerte in termini di salario, ore lavorative e tutele sono totalmente sbilanciate” spiega il docente.

Il salario del lavoro domestico è maggiore di quello nei campi, dove i migranti lavorano sotto caporalato. Se però consideriamo le badanti conviventi, il numero delle ore di lavoro spesso supera nettamente il limite consentito dalla legge. “Molte di queste persone non hanno nemmeno una casa”, sottolinea l’ex operatrice ANOLF. La regolarizzazione delle condizioni di emergenza potrebbe quindi tutelare la lavoratrice: “Se riuscissero a ottenere la disoccupazione, la Naspi, almeno avrebbero una fonte di denaro con cui mantenersi e trovare poi un posto letto nel caso perdessero il lavoro. Chi fa la badante convivente non ha una propria casa e se non ha la fortuna di avere qualche amica o parente in grado di ospitarla, rimane in una situazione complicata. Se muore l’anziano, ad esempio, queste persone vengono allontanate dall’abitazione dove hanno lavorato fino a pochi giorni prima e devono trovare un tetto sopra la testa. Un lavoro regolare consente di avere diritto alla Naspi. Se poi il percorso migratorio consente di rimanere in Italia, è possibile anche ottenere la pensione”.

Tentativi per risolvere il problema

Molti pensano che regolarizzare un lavoratore/lavoratrice non faccia la differenza e invece cambia tutto. “La Regione Lombardia promuove alcune misure per le persone anziane con una forte disabilità e offre aiuti alle persone che dimostrano di avere un contratto regolare. Rendere i contributi totalmente deducibili dalla dichiarazione dei redditi per il familiare che sostiene la spesa, potrebbe essere un ulteriore incentivo a far sì che le famiglie regolarizzino le lavoratrici – spiega Annalisa Caron e continua – C’è stato il tentativo di formare un albo (riferito alle badanti). Il settore pubblico però potrebbe sicuramente fare qualcosa, semplicemente per un controllo più attento del fenomeno e per capire la condizione di queste persone”.

L’ex operatrice ANOLF dice anche: “In alcune Regioni è stata inserita la figura della badante o la colf di condominio nelle palazzine dove ci sono più anziani. Quindi sono state fatte delle sperimentazioni. Dipende appunto dall’attenzione degli amministratori. Sappiamo anche come sono messi i servizi sociali nei nostri Comuni”.

Sempre in riferimento all’immigrazione dall’Est Europa, Annalisa Caron continua: “Esistono anche delle agenzie di badanti e colf: “L’agenzia può rassicurare la famiglia che ha bisogno di una lavoratrice. Ce ne sono diverse. Alcune lavorano bene e riconoscono economicamente alle lavoratrici dei salari corretti, altre invece si fanno pagare profumatamente e fanno aprire la Partita Iva. Quindi l’agenzia riceve i soldi dalla famiglia e poi paga la lavoratrice come se fosse una ritenuta d’acconto sotto i minimi tabellari previsti dal lavoro domestico. Per un lavoro che viene riconosciuto e censito da un contratto collettivo nazionale, c’è uno stipendio definito. Altrimenti è sfruttamento. Purtroppo però se una persona ha bisogno, accetta tutto”.

La forma più diffusa rimane il passaparola: “Tante famiglie fanno riferimento a delle strutture informali come la Caritas o per conoscenza diretta e indiretta. Ci sono anche le cooperative che forniscono diversi servizi. Bisogna distinguere però le agenzie dalle cooperative”.

È difficile capire quanto lavoro nero c’è: “Abbiamo visto, quando c’è stata la sanatoria. Tante famiglie che avrebbero voluto assumere le lavoratrici hanno aderito per regolarizzarle ed effettivamente la richiesta è stata alta. Purtroppo tante di queste richieste non hanno ancora trovato una definizione. Fatta la domanda, sono in attesa di essere chiamate dalla Prefettura per chiudere la pratica e far sì che la lavoratrice possa chiedere il permesso di soggiorno” spiega.

Lavoro nero e politica

Per il professore universitario “in generale l’immigrazione ha un doppio effetto. Il primo è quello di creare una massa di manodopera a basso costo. Per cui è evidente che nell’ottica collettiva il lavoratore straniero è più conveniente. Il secondo effetto è chiaramente quello politico. I flussi di immigrazione irregolari permettono di tenere attiva una campagna permanente su questo tema. Il problema del lavoro in nero si potrebbe risolvere con un decreto flussi che regolarizzi l’immigrazione. Questo richiede due elementi. Da un lato, politiche severe di controllo dei confini ed espulsione dei lavoratori irregolari. Da l’altro lato, richiede un’iniziativa da parte del Governo per attirare regolarmente lavoratori stranieri. La soluzione alternativa praticata più spesso, soprattutto a sinistra, è quella di regolarizzare chi è irregolare in Italia. Questa soluzione ha una sua ragione d’essere. Favorisce ulteriori flussi di immigrazione regolare”.

Le soluzioni quindi sono due: o politiche più severe o favorire flussi di immigrazione regolare. Entrambe le soluzioni sembrano essere svantaggiose per tutte le parti politiche: “Solitamente quando risolvi i problemi nell’immediato ci può essere un beneficio in termini di voti, ma questo tende a durare abbastanza poco. La sinistra, con una politica permissiva, ha fornito argomentazioni alla destra per fare una campagna attiva su questi temi. L’opzione alternativa della sinistra è la speranza di estendere la cittadinanza e il diritto di voto a queste persone nell’ipotesi che poi queste persone voteranno, ma non è scontato. Chi viene da Paesi stranieri ha anche una cultura diversa non necessariamente di sinistra. La destra invece ha qualcosa da perdere nel momento in cui si dovesse risolvere il problema, perché al momento è il suo cavallo di battaglia. Qualora l’immigrazione clandestina si esaurisse, dovrebbe trovare un altro tema su cui catalizzare la stessa attenzione dell’opinione pubblica”, conclude.

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