Il dibattito occidentale è strutturato sulla narrazione paternalistica degli Stati europei che sembra però contrastare il diritto all’autodeterminazione dagli Stati africani.
Questa narrativa contribuisce allo svuotamento dell’interno continente, lasciandolo nelle mani di Governi fantoccio – supportati dalle ex colonie – che reprimono ogni tentativo di resistenza.
Molti sono gli africani che hanno perso la vita combattendo per i propri Paesi. E il loro sacrificio sta risvegliando un sentimento panafricanista, censurato dal dibattito occidentale.
Gli Stati Uniti d’Africa sono un progetto politico, mai concretizzato, che prevede la creazione di una confederazione sovranazionale. La proposta fu presentata formalmente da Gheddafi, ma il primo a usare questa definizione è stato il sindacalista e scrittore giamaicano Marcus Mosiah Garvey nel 1924.
A distanza di circa 100 anni la sua idea sembra essere l’unica opzione per restituire l’Africa agli africani.
Per ottenere l’indipendenza “bisognerebbe inizialmente far sì che la popolazione della diaspora all’estero abbia una vita dignitosa a tal punto da poter rientrare nei loro Paesi di origine – afferma Gnima Seck, presidente di DIASPORAFRIKA APS e continua – Si parla troppo poco dei movimenti nazionalisti africani. Al momento abbiamo dei presidenti che sono veramente una boccata d’aria fresca. Parliamo del presidente del Senegal, del Burkina Faso e anche del Mali. Loro stanno facendo delle mosse per la propria Nazione. Finalmente l’Africa ha dei leader che pensano in primis al benessere della popolazione. Questo vuol dire andare a estromettere l’extra potere militare che arriva da altri Paesi. Vuol dire rinunciare all’aiuto paternalistico che molte volte arriva dall’estero. E questo significa ottenere un’indipendenza che non è solo economica, ma anche mentale e sociale. Significa decolonizzare le menti”.
Gnima Seck definisce questo movimento “Rinascimento africano” e aggiunge: “Finalmente possiamo vedere dei presidenti giovani che hanno come unico interesse quello di fare in modo che i propri cittadini non debbano più andare in giro per il mondo a soffrire discriminazione, razzismo e tutte le piaghe che devono affrontare nel momento in cui escono da casa loro”.
La presidente di DIASPORAFRIKA APS spera che questo processo vada avanti e che molti altri Paesi africani possano seguire l’esempio di Ibrahim Traorè, il presidente del Burkina Faso. Un giovane uomo di 35 anni “che sta dando un grandissimo esempio”, sottolinea orgogliosa. E continua: “Quando si parla di buco generazionale intendiamo proprio questo. La maggioranza dei giovani africani, al momento, non è nei loro Paesi di origine. Non sta contribuendo alla propria Nazione perché è all’estero. Questo crea instabilità. Sono dell’idea che quando i nostri Stati africani riusciranno a valorizzarsi veramente, allora il rapporto tra Africa ed Europa sarà davvero equo. Penso che la responsabilità sia principalmente, se non esclusivamente, nostra”.
Se esistono i Paesi definiti “primo mondo” è solo grazie allo sfruttamento delle materie prime dei Paesi cosiddetti “terzo mondo”.
L’Africa è il più ricco tra tutti i continenti ma la sua storia – così come la sua identità – viene censurata per indebolire i sentimenti di appartenenza territoriale, culturale, politica, economica e sociale. “Molte volte noi africani non valorizziamo tutto quello che abbiamo ed è un problema che ci portiamo avanti ormai da secoli. Per questo dobbiamo decolonizzare le nostre menti e renderci conto che alle spalle abbiamo un continente valoroso che merita di essere valorizzato ancora di più. Noi siamo il sogno più grande dei nostri antenati – afferma Gnima Seck e aggiunge – Noi abbiamo la possibilità di riscattare tutto ciò che è stato fatto ai danni del nostro continente. In questo momento lo possiamo fare. Se non viene fatto, è una scelta e ogni africano che non ha uno sguardo verso l’Africa è complice di tutto ciò che sta succedendo. Noi in primis dobbiamo combattere per la nostra stabilità e per quella dei nostri figli. E far in mondo che i nostri genitori non continuino a morire lontano da casa, trasformando l’Africa in un cimitero per la diaspora”.
Continua parlando del diritto di ritornare a casa: “La diaspora non ha mai modo di rientrare in modo dignitoso e valoroso nei propri Paesi. Possiamo però interrompere tutte queste cose se siamo uniti, rendendoci conto che siamo persone che contano e diamo un apporto importante alla società in cui viviamo. Solo se investiamo nel nostro Paese di origine potremo, un domani, dire di aver fatto il nostro meglio per risollevare l’Africa”.
Se il nazionalismo europeo difende la propria identità per paura di perderla, quello africano vuole conquistarla.
“Un’identità che non c’è mai stata – sottolinea Gnima Seck e continua – il nazionalismo africano è una novità e l’Unione Africana non c’è ancora, ma arriverà. Sono convinta che questi nuovi giovani leader riusciranno a fare qualcosa di importante”.
La differenza tra i Paesi occidentali e quelli africani è la cooperazione. L’Occidente ha creato organi istituzionali internazionali per cooperare. Anche Gheddafi, politico e rivoluzionario libico, lo aveva capito “ma a causa del regime, la sua idea non era considerata positiva” sottolinea la presidente di DIASPORAFRIKA APS .
“Il bisogno di creare un’Unione Africana c’è. Abbiamo il bisogno di scambiarci materie prime, informazioni, sapienza, conoscenze. In questo modo anche chi vuole emigrare, lo potrebbe fare in un altro Paese africano e non necessariamente fuori dal continente. Il sogno europeo è stato inculcato nelle nostre menti ed è rimasto dentro come tante altre cose che dobbiamo debellare. Il problema è che anche i nostri media diffondo degli standard europei che non ci rappresentano. Questo porta degli scompensi gravissimi alla popolazione. Sono rimasugli del pensiero coloniale e neocoloniale che portiamo con noi dalla schiavitù fino ad oggi” spiega Gnima Seck.
E conclude: “Sono dell’idea che la nostra generazione sia quella giusta per andare a interrompere questi legami tossici che negli anni abbiamo sviluppato”.