INDAGINE SUL CAMPO IN ALBANIA: CENTRI PER MIGRANTI DI SHENGJIN E GJADER

Italia e Albania sono legate da una storia condivisa, valorizzata dagli albanesi e quasi dimenticata dagli italiani.

I ricordi più recenti risalgono allo sbarco di 20mila albanesi a Bari, l’8 agosto 1991. Un’ondata di cittadini in fuga dal loro Paese, dopo la fine del regime comunista. Completamente isolata e politicamente abbandonata, l’Albania non era più in grado di offrire un futuro alla sua popolazione. Il livello di criminalità era altissimo e nonostante le riforme introdotte dal governo di Ramiz Alia, che aveva preso il posto del dittatore Enver Hoxha nel 1985, il Paese non aveva le basi per potersi riprendere economicamente.

Circa tre milioni di abitanti, in prevalenza pastori e contadini, non avevano prospettive di miglioramento a casa loro.
Oltre alle ferite ancora aperte inflitte dal comunismo, l’Albania portava addosso anche le cicatrici dell’invasione fascista italiana. Ancora oggi, da nord a sud, il legame con l’Italia è vivo e presente in tutto il territorio. L’italiano era la seconda lingua ufficiale per gli albanesi e le generazioni più anziane sono bilingue.

Le conseguenze di una storia così traumatica e tanto recente hanno impoverito una terra meravigliosa. La criminalità organizzata, in cooperazione con quella italiana, ha visto il suo potere crescere in modo esponenziale. “Dalle coste albanesi arrivano in Italia (e poi in Europa) droga, armi, esseri umani passando obbligatoriamente per il corridoio adriatico. La correlazione tra il fenomeno migratorio e le mafie albanesi e italiane esiste ed è già punto di partenza di un’alleanza che consente alle due organizzazioni criminali di poter fare affari lucrosi”, afferma il criminologo Vincenzo Musacchio.

L’Albania oggi è un Paese in via di sviluppo, dove il contrasto tra povertà e ricchezza riflette esattamente la realtà sociale, politica, economica e culturale della popolazione. Tra il degrado più totale si vedono macchine di lusso ed elegantissimi palazzi in costruzione. Specialmente al nord, tra Tirana e Durazzo. Centinaia di cantieri a cielo aperto, uno a fianco all’altro, stanno letteralmente trasformando il volto di una terra bellissima, ma tanto povera. E il pericolo di infiltrazioni mafiose è altissimo.

Attualmente questo Stato è candidato per entrare nell‘Unione Europea e deve in tutti i modi raggiungere gli standard richiesti dalla UE. Diventare membro di questa unione economica e politica significa accedere a quei benefici negati a chi non ne fa parte.
La bandiera albanese è sempre accanto a quella europea e molti sono i progetti finanziati dall’Europa.

L’Italia supporta con determinazione il suo ingresso e l’accordo sulla gestione dei miranti firmato con il governo italiano è quindi una opportunità imperdibile per un Paese che cerca ancora oggi di curare le sue ferite.
Le probabilità che però dentro, o dietro, a questo accordo ci siano le organizzazioni criminali albanesi e italiane sembrano essere concrete. A gestire i centri per i migranti di SHENGJIN e GJADER è infatti Medihospes, una delle principali cooperative sociali in Italia, che gestisce oltre il 60% dei centri per migranti.

A coordinare le operazioni c’è Camillo Aceto, noto negli ultimi vent’anni per diverse inchieste della magistratura con accuse che vanno dalla truffa nelle forniture di pasti alle mense ospedaliere di Bari – che lo vide finire agli arresti nel 2003 -all’indagine per infiltrazioni mafiose nella gestione del Cara di Mineo in Mafia capitale, a svariate indagini per frode in pubbliche forniture da parte delle varie società in cui ha avuto incarichi dirigenziali e che alla fine sono confluite nella Medihospes.

Le strutture del governo Meloni in Albania potranno subire infiltrazioni, dirette o indirette, sia dalla malavita locale, sia da quella italiana (‘ndrangheta e mafia pugliese in primis). A rischio maggiore saranno gli appalti e i subappalti. Massima attenzione della magistratura albanese quindi nei settori in cui la criminalità potrebbe attecchire: edilizia, trasporti, noleggi, manodopera, ristorazione, servizi di sicurezza. Gjadër è un quartiere della frazione di Dajç, nel Comune di Alessio, possiede un aeroporto militare. Shëngjin è una frazione sempre del Comune di Alessio. La città è una destinazione turistica in crescita, ben nota per le sue spiagge e le strutture ricettive. È anche sede di uno dei porti d’ingresso dell’Albania. La città portuale sta vivendo dalla fine degli anni Novanta una forte conversione industriale. Con i proventi del turismo balneare si è investito e costruito molto. Il porto è in sintonia con quello di Durazzo, il più grande porto di Albania. La nostra analisi criminale parte da questi dati e da una rielaborazione di una mappatura delle attuali cosche mafiose dislocate sul territorio albanese. Si è evidenziata in primis la concentrazione territoriale dei gruppi e delle organizzazioni mafiose più pericolose”, spiega Vincenzo Musacchio, giurista, criminologo e docente di strategie di lotta alla criminalità organizzata transnazionale.

E continua: ” la costruzione dei due Centri per la gestione dei migranti salvati in mare, rispettivamente a Shengjin e Gjader sarà sicuramente importante dal punto di vista dei profitti economici per le due organizzazioni criminali. Chi non vede quest’opportunità, per le consorterie criminali albanesi e italiane, poco o nulla sa delle ‘nuove mafie’ e delle loro attuali modalità operative. Albania e Italia dovrebbero tener conto di queste specifiche circostanze. Il premier albanese Edi Rama parla della mafia albanese come di un problema marginale e sotto controllo. Purtroppo per lui e per il popolo albanese, cui sono fortemente legato da vincoli di sangue, la mafia ‘Shqiptare’ ha già acquisito grande peso nello scenario criminale internazionale”, conclude.

Se l’obiettivo del Presidente del Consiglio italiano è quello di contrastare davvero le mafie che gestiscono gli sbarchi, allora questo progetto potrebbe non essere la soluzione più idonea.

-Metodo Giornalistico Codificato-

1 commento su “INDAGINE SUL CAMPO IN ALBANIA: CENTRI PER MIGRANTI DI SHENGJIN E GJADER”

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Ricerchiamo


Stiamo cercando un mediatore culturale/mediatore linguistico per la Cooperativa Sociale "Insieme si può" per 10 ore o più alla settimana per le lingue: Francese, Inglese, Arabo. Per chi fosse interessato, contattarci privatamente. Grazie.

Questo si chiuderà in 10 secondi